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L'INDUSTRIA CERAMICA

Giorgio Spertini e Giorgio Ceragioli - Vaso liberty con anse in metallo 1903
cartolina d'epoca Laveno lago maggiore A.jpg
Guido Andloviz - piatto Vecchia Milano con decorazione Lago Maggiore 1931
LA CERAMICA A LAVENO

All’alba della nascita dell’industria ceramica, a metà dell’Ottocento, Laveno è un paese che conta poco più di un migliaio di abitanti, per lo più dediti all’agricoltura, in scarsa misura alla pesca e più prevalentemente al commercio, favorito dalla collocazione geografica del paese, situato in un’insenatura sul lago e in posizione mediana tra la sponda piemontese, la Svizzera e il vicino crocevia della Valcuvia. Fin dal 1744, il mercato delle granaglie richiama numerosi mercanti e stimola lo sviluppo di alberghi, osterie e caffè. Le uniche industrie presenti sono una fabbrica di cappelli e una filanda, attività complementare alla bachicoltura.

Nel 1856, tre ex dipendenti provenienti dalla fabbrica milanese di ceramica Richard di Milano San Cristoforo, Carlo Caspani, Alessandro Carnelli e Severino Revelli, fondano a Laveno la Società Ceramica CCR, insediandosi nello stabile ormai in disuso di una vecchia fabbrica di vetrerie in prossimità del lago. La scelta del luogo è probabilmente dovuta al legame con Carlo Tinelli, lavenese appartenente a una nobile famiglia stabilitasi da secoli a Laveno e a Milano e precedente proprietario, insieme al fratello Luigi, dello stabilimento milanese di San Cristoforo, ceduto nel 1840 a Giulio Richard.  A Laveno si trovano anche le necessarie opportunità materiali e logistiche: un opificio abbandonato pronto al riutilizzo, abbondanza d’acqua, il mulino dei Tinelli per la macina delle materie prime, il combustibile per i forni proveniente dalla torbiera di Mombello e dalla legna dei boschi e l’importante via di trasporto costituita dal Lago Maggiore, dal fiume Ticino e dai suoi canali che permettono l’approvvigionamento delle materie prime e il trasporto delle merci a Milano.

La produzione, condotta da circa 100 operai, consiste inizialmente in terraglie fini e mattoni refrattari. L’iniziativa è caratterizzata da una notevole audacia imprenditoriale, sia per la collocazione decentrata e l’inevitabile confronto con la tradizionale concorrenza inglese, sia per la naturale competizione con una manifattura già affermata come quella milanese di Giulio Richard. Una scelta chiave si rivela la produzione su scala industriale di terraglie economiche per uso domestico, destinate a sostituire le stoviglie allora in uso presso i ceti meno abbienti e ancora in rame, peltro, stagno o addirittura legno. La manifattura di Laveno va così affermandosi, tanto che nel 1869 si rende necessario il trasferimento di parte delle attività in un nuovo stabilimento denominato “Lago”, dove nel 1871 vengono installati, per la prima volta in Italia, tre forni intermittenti a fiamma rovesciata per la cottura del biscotto. Nel 1875 la manifattura occupa ormai 400 operai; nel 1883 si trasforma in Società per Azioni assumendo la nuova e ben più nota denominazione Società Ceramica Italiana, da cui il marchio S.C.I. In questi anni si susseguono alla guida della S.C.I. brillanti capitani d’industria come il cavaliere Tommaso Bossi (1895) e l’ingegnere Luciano Scotti, che resterà a capo dell’azienda  dal 1916 fino al 1956, portando la fabbrica al massimo potenziamento strutturale e produttivo.

Tra il 1925 e il 1926 vengono edificati lo stabilimento Mulini in località Boesio per la preparazione degli impasti e, su progetto dell’architetto milanese Piero Portaluppi, i nuovi “Magazzini Generali” in località Ponte, direttamente raccordati con le Ferrovie dello Stato e con gli altri stabilimenti da una ferrovia Decauville a scartamento ridotto per il trasporto dei materiali. Nel 1925, in seguito a un accordo commerciale con la Porzellanfabrik Rosenthal di Selb (Baviera), viene inoltre costruito, sempre su progetto di Portaluppi, lo stabilimento Verbano per la produzione di isolatori elettrici e, successivamente, anche di porcellana da tavola. Alla spinta innovativa degli anni Venti, che interessa le tecnologie per la produzione, corrisponde uno sviluppo altrettanto intenso all’interno dei reparti artistici e di progetto. Dal 1925, grazie all’intuizione di Luciano Scotti, viene assunto alla direzione artistica il giovane Guido Andloviz, che segnerà una svolta importante introducendo un rinnovamento nelle forme e nei decori, tanto che alla fine degli anni Venti la Richard-Ginori con direttore artistico Gio Ponti e la S.C.I. di Laveno con Andloviz si contenderanno il primato dell’arte ceramica in Italia. Nel 1962 sarà la designer Antonia Campi a prendere il suo posto, seguendo l’intera produzione dell’azienda.

Nel 1965 la S.C.I. viene assorbita dal gruppo Richard Ginori diventando Società Ceramica Italiana Richard Ginori SpA. A seguito di questa fusione viene riorganizzata la produzione negli stabilimenti e si susseguono diversi cambi ai vertici azionari. Dalla metà degli anni Settanta, dopo anni di avvicendamenti al vertice della Società, si riducono drasticamente le produzioni. Nel 1982 la ceramica Lago chiude definitivamente, la Verbano si trasforma per breve tempo in Società Cooperativa e lo stabilimento Ponte continua la produzione di articoli domestici con un numero molto ridotto di operai. Nel 1990 nello stabilimento Boesio, pur con un limitato numero di addetti, si inizia a produrre una porcellana di prestigio, la bone china, fino a quando nel 2002 l’attività delle ceramiche lavenesi si interrompe definitivamente.

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